Postfazione
Ho pensato di tradurre Il giardino dei ciliegi quando mi sono accorto che gli alberi in questione non sono ciliegi, ma amareni. Il dramma ruota intorno all'impoverimento della famiglia dovuto proprio al fatto che le amarene non sono trasportabili (e quindi commerciabili) a meno di sottoporle prima a procedimenti di conservazione (marinatura). Sono proprio i procedimenti che non sono più noti, e che causano la decadenza, con tutto ciò che ne deriva. Manca il tramandarsi di generazione in generazione dei "metodi di famiglia", delle "tradizioni" che hanno fatto di questo, il più grande amareneto della regione, una fonte di ricchezza.
Quanto al "giardino", la parola russa sad si usa in locuzioni come fruktovyj sad, "giardino della frutta", ma che noi chiamiamo «frutteto», zoologičeskij sad, "giardino degli animali", ma che noi chiamiamo «zoo», botaničeskij sad, "giardino botanico", ma che noi chiamiamo «orto botanico» e così via. Quindi risulta evidente che la resa «giardino dei ciliegi» è rozza e frettolosa (il che ovviamente non giustifica che non sia stata corretta nei centodieci anni successivi). Soprattutto, non è il giardino di casa, come pensano tutti gli italofoni a teatro, ma ettari ed ettari di campo coltivato a frutta. Non so se è più bello o meno bello, ma certamente è diverso.
Anche in tutto il resto la mia traduzione ha una sola ambizione: la precisione. Se mai una compagnia teatrale deciderà di usarla per un allestimento, ci lavorerà sopra, con o senza il mio aiuto. Io ho cercato di produrre battute recitabili, ma non sono né attore né regista. E non c'è nulla di peggio di un traduttore che sceglie una formulazione immaginandosela abbinata a una certa intonazione, senza rendersi conto che quella intonazione è solo nella sua testa, ma non ci sono appigli né di punteggiatura né di altro tipo che possano suggerirla (a parte la telepatia, che forse non è un criterio del tutto scientifico).
Il barin, la bàrynâ, il mugìk e altri realia sono rimasti tali. Nella maggior parte dei casi, sono parole reperibili nei dizionari di italiano. Per qualsiasi commento, suggerimento, critica vi prego di scrivermi. C'è di bello che gli ebook si possono correggere anche dopo averli venduti (e comprati). Buona lettura!
Milano, 7 luglio 2014
Bruno Osimo
Ho pensato di tradurre Il giardino dei ciliegi quando mi sono accorto che gli alberi in questione non sono ciliegi, ma amareni. Il dramma ruota intorno all'impoverimento della famiglia dovuto proprio al fatto che le amarene non sono trasportabili (e quindi commerciabili) a meno di sottoporle prima a procedimenti di conservazione (marinatura). Sono proprio i procedimenti che non sono più noti, e che causano la decadenza, con tutto ciò che ne deriva. Manca il tramandarsi di generazione in generazione dei "metodi di famiglia", delle "tradizioni" che hanno fatto di questo, il più grande amareneto della regione, una fonte di ricchezza.
Quanto al "giardino", la parola russa sad si usa in locuzioni come fruktovyj sad, "giardino della frutta", ma che noi chiamiamo «frutteto», zoologičeskij sad, "giardino degli animali", ma che noi chiamiamo «zoo», botaničeskij sad, "giardino botanico", ma che noi chiamiamo «orto botanico» e così via. Quindi risulta evidente che la resa «giardino dei ciliegi» è rozza e frettolosa (il che ovviamente non giustifica che non sia stata corretta nei centodieci anni successivi). Soprattutto, non è il giardino di casa, come pensano tutti gli italofoni a teatro, ma ettari ed ettari di campo coltivato a frutta. Non so se è più bello o meno bello, ma certamente è diverso.
Anche in tutto il resto la mia traduzione ha una sola ambizione: la precisione. Se mai una compagnia teatrale deciderà di usarla per un allestimento, ci lavorerà sopra, con o senza il mio aiuto. Io ho cercato di produrre battute recitabili, ma non sono né attore né regista. E non c'è nulla di peggio di un traduttore che sceglie una formulazione immaginandosela abbinata a una certa intonazione, senza rendersi conto che quella intonazione è solo nella sua testa, ma non ci sono appigli né di punteggiatura né di altro tipo che possano suggerirla (a parte la telepatia, che forse non è un criterio del tutto scientifico).
Il barin, la bàrynâ, il mugìk e altri realia sono rimasti tali. Nella maggior parte dei casi, sono parole reperibili nei dizionari di italiano. Per qualsiasi commento, suggerimento, critica vi prego di scrivermi. C'è di bello che gli ebook si possono correggere anche dopo averli venduti (e comprati). Buona lettura!
Milano, 7 luglio 2014
Bruno Osimo