L’autore - romano di nascita e veneto d’adozione - in questo romanzo, scorrevole alla lettura e dallo spunto narrativo assai originale, rivela uno spirito libero ed anarchico, un animo sempre pervaso dal sentimento, mai dominato però dal sentimentalismo, anche se il racconto nel suo lungo dipanarsi diviene sempre più intimista. Il protagonista principale se all’inizio, adolescente, guarda con curiosità ai propri sentimenti, in sèguito, nell’età più matura, tenta di sviscerarli con un occhio critico e severo, mai indulgente però né con gli altri né tantomeno con sé medesimo. Nel ripercorrere gli anni della guerra e poi quelli, colmi di aspettative forse troppo pretenziose, degli anni della ricostruzione e della rinascita, fino a quelli del cosiddetto “miracolo economico”, l’autore mostra di credere in ciò che vede: il problema vero è quindi vedere, non credere, il che mette in rilievo anche un sano spiritualismo materialista. E’ per questo che gli antichi classici lo affascinano ancora. Sa che il pensiero dei padri non ha esaurito la sua funzione, anzi ha ancora molto da dire, sa che i padri al centro delle loro idee ponevano l’uomo, non certo gli effimeri dèi e con ciò rivela la sua modernità: nell’esaltazione della fisicità, anche quando questa, solo in apparenza in modo contraddittorio, guarda al mondo delle idee e dei sentimenti.