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"Il paese, allora, non aveva acquedotto, e noi bevevamo acqua di cisterna. A dirlo sembrava una bella cosa; anzi, quando tornavo in città, me ne vantavo tra i miei compagni di scuola; mi piaceva anche la parola, liscia, tonda, profonda: cisterna. L’acqua, però, a beverla veramente, piaceva molto meno; aveva un sapore smorto che dopo il primo sorso scoraggiava. Sapeva di terra e di pianto. Pareva acqua appena dissepolta. «Perchè non ci siete avvezzi», diceva Domenico, il cugino grande, che ne tracannava di gran bicchieri sotto gli occhi inquieti della nonna. Quell’acqua era una ricchezza da…mehr

Produktbeschreibung
"Il paese, allora, non aveva acquedotto, e noi bevevamo acqua di cisterna. A dirlo sembrava una bella cosa; anzi, quando tornavo in città, me ne vantavo tra i miei compagni di scuola; mi piaceva anche la parola, liscia, tonda, profonda: cisterna. L’acqua, però, a beverla veramente, piaceva molto meno; aveva un sapore smorto che dopo il primo sorso scoraggiava. Sapeva di terra e di pianto. Pareva acqua appena dissepolta. «Perchè non ci siete avvezzi», diceva Domenico, il cugino grande, che ne tracannava di gran bicchieri sotto gli occhi inquieti della nonna. Quell’acqua era una ricchezza da usarsi con parsimonia: non tutti in paese avevano la cisterna. La nostra era in mezzo al cortile: un murello circolare, di pietra bruna toppata di licheni: sopra, l’arco di ferro reggeva la carrucola lustra; e sulla gran bocca si stendeva una rete arrugginita, da alzarsi in due pezzi quando si voleva calare giù la mezzina. Un insieme di cosa forte e tetra, se non fosse stata l’erbolina che cresceva a piè del murello e vi metteva un sorriso stento. Si saliva un gradino, e si vedeva l’acqua in prigione, con tanti occhi fermi e lucidi, di là dalla rete, laggiù. (A chiamarla, non si moveva, nemmeno quando la voce rimbombando le cadeva addosso).
— È acqua piovana – mi aveva detto la Nera, sorella di Domenico.
Anche piovana è una bella parola; un gran gonfio bigio, che si rompe, e lascia venir giù la pioggia a righe."

Tratto da La Sete, primo racconto della raccolta Il giardino delle meraviglie.

Giuseppe Fanciulli, noto anche con lo pseudonimo di Mastro Sapone (Firenze, 8 marzo 1881 – Castelveccana, 18 agosto 1951), è stato un pedagogista e scrittore italiano, autore di libri per l'infanzia. Quando Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli) fondò nel 1906 il Giornalino della domenica, Fanciulli ne fu redattore (talvolta sotto lo pseudonimo di Mastro Sapone), fino a quando le pubblicazioni furono sospese nel 1911. Collaborò di nuovo al Giornalino quando rinacque nel 1918. A partire dalla morte di Vamba (1920) ne divenne direttore fino al 1924. Nel 1940 scrisse per la S.E.I. editore "L'Eroica vita di Italo Balbo" narrata ai giovani. Nel 1941 scrisse una biografia di Don Bosco.