Il mio primo contatto con questa musica avvenne quando avevo appena svestito i pantaloni corti. Arrivai al Teatro Manzoni alle tre del pomeriggio per conquistarmi un posto a sedere al concerto di Armstrong.Quando entrò sul palcoscenico Louis venne giù il teatro dagli applausi. Poi attaccò West end blues, uno dei suoi cavalli di battaglia, e lo scintillio del suono della sua tromba mandò in estasi competenti e profani. Trent’anni dopo andai a New Orleans, la patria di questa musica, e furono giornate anzi nottate indimenticabili nel French quarter, il quartiere interamente dedicato al jazz e al blues. Tra i tanti ricordi un bambino dodicenne che suona la tromba magnificamente la domenica mattina davanti alla cattedrale dando la riprova che anche le nuove generazioni crescono all’ombra del jazz e un cantante cieco, dal vezzo di cambiare ogni sera il suo Borsalino, che esegue blues struggenti.Per più di mezzo secolo il jazz è stato per me e il mio pianoforte una ragione di vita, una musica nella quale affondare i miei momenti tristi e dalla quale trarre sensazioni ora forti ora delicate che arricchissero la mia esistenza.Ho deciso di condividere con voi lettori questa profonda passione e narrarvi la storia di questo movimento musicale che ha segnato, e continua a farlo, la vita musicale degli Stati Uniti e, ormai da tempo, quella mondiale.Spero di esservi riuscito.Enrico De Carli