È un ritorno all’indietro.
Rievocare, rivangare nella memoria. Raccontarsi la propria storia tra successi (pochi) e insuccessi, parecchi, con disillusioni e tanto disincanto.
Alfredo, il personaggio centrale del libro, torna dopo anni di assenza alla città natale. Va alla cerca delle proprie radici, di amici, di conoscenti. Il ritorno, il due di novembre, non è una data casuale bensì precisa, voluta, la festa dei morti. E il cammino all’indietro non può che iniziare da lì, dalla tomba della mamma come per riprendere un discorso mai completato. Da quella tomba provare a ricostruire ciò che è stato leggendo le scritte sulle lapidi degli amici e conoscenti morti. Il rincontro con i conterranei, con i vecchi Amci, anche loro cambiati dalle vicende personali, trasformati dagli anni, consumati dal tempo, quasi cadaveri ambulanti.
Scrivendo e descrivendo con parecchia fantasia e un po’ di sana ironia, ne vengono fuori piccoli quadri (quadretti) di personaggi veri, veritieri, verosimili, credibili, accompagnati da un po’ di amarezza per il tempo che se n’è andato quasi senza rendersene conto. Una generazione, la sua, con alla base qualche pretesa, una voglia matta di cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato loro. E perciò, altro che successi!
Una generazione la sua che ha imparato a proprie spese che la vita è diversa da come la si pensa a vent’anni.
Alla fine, deluso da un mondo che non esiste più, in cui non si ritrova, da radici che non hanno più senso, se ne torna là dove un giorno era capitato quasi per caso e dove ora si trovava più a suo agio. Ecco, essendo questo il destino di molti, molti potrebbero riconoscersi nel percorso descritto nel testo.
Il maestro delle piccole cose è la quarta opera di Bruno Latini, che in passato ha pubblicato Mondi incartati (2010), Il dubbio (2013), C’era la luna (2016).
Rievocare, rivangare nella memoria. Raccontarsi la propria storia tra successi (pochi) e insuccessi, parecchi, con disillusioni e tanto disincanto.
Alfredo, il personaggio centrale del libro, torna dopo anni di assenza alla città natale. Va alla cerca delle proprie radici, di amici, di conoscenti. Il ritorno, il due di novembre, non è una data casuale bensì precisa, voluta, la festa dei morti. E il cammino all’indietro non può che iniziare da lì, dalla tomba della mamma come per riprendere un discorso mai completato. Da quella tomba provare a ricostruire ciò che è stato leggendo le scritte sulle lapidi degli amici e conoscenti morti. Il rincontro con i conterranei, con i vecchi Amci, anche loro cambiati dalle vicende personali, trasformati dagli anni, consumati dal tempo, quasi cadaveri ambulanti.
Scrivendo e descrivendo con parecchia fantasia e un po’ di sana ironia, ne vengono fuori piccoli quadri (quadretti) di personaggi veri, veritieri, verosimili, credibili, accompagnati da un po’ di amarezza per il tempo che se n’è andato quasi senza rendersene conto. Una generazione, la sua, con alla base qualche pretesa, una voglia matta di cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato loro. E perciò, altro che successi!
Una generazione la sua che ha imparato a proprie spese che la vita è diversa da come la si pensa a vent’anni.
Alla fine, deluso da un mondo che non esiste più, in cui non si ritrova, da radici che non hanno più senso, se ne torna là dove un giorno era capitato quasi per caso e dove ora si trovava più a suo agio. Ecco, essendo questo il destino di molti, molti potrebbero riconoscersi nel percorso descritto nel testo.
Il maestro delle piccole cose è la quarta opera di Bruno Latini, che in passato ha pubblicato Mondi incartati (2010), Il dubbio (2013), C’era la luna (2016).