Ugo Ojetti (1871-1946), scrittore, giornalista e critico d’arte, è stato uno dei più interessanti protagonisti della cultura italiana della prima metà del Novecento.
Il martirio dei monumenti, che oggi riproponiamo all’attenzione dei nostri lettori, è il testo di un discorso che Ojetti tenne, su invito del Sindaco di Firenze Orazio Bacci, il 1° Luglio 1917 nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.
Da ormai tre anni imperversava in Europa e non solo la Prima Guerra Mondiale, un conflitto devastante, il primo conflitto “totale” sperimentato dall’umanità in tempi moderni; una guerra che, oltre a falcidiare centinaia di migliaia di giovani soldati nelle trincee e sui campi di battaglia, colpì indiscriminatamente anche le popolazioni civili, con intenzionali bombardamenti aerei e cannoneggiamenti delle città, non risparmiando i monumenti, le chiese e le opere d’arte. Il patrimonio artistico delle nazioni europee, compresa l’Italia, fu messo seriamente a repentaglio, subendo danni incalcolabili. Per la prima volta le nazioni in guerra non si limitavano a far scontrare i propri eserciti in battaglie campali, ma miravano anche all’annientamento e all’annichilimento, sia fisico che culturale, del nemico, alla sistematica distruzione della sua identità e della sua memoria storica.
In questo suo discorso appassionato Ugo Ojetti traccia un bilancio delle cause e degli effetti di un simile scempio.
«Il nemico, quando s’è accanito a distruggere i monumenti che sono i testimonii di questo nostro passato, ci ha indicato dov’è la sorgente della nostra vita morale, della nostra energia, dell’orgoglio che ci deve fare attraversare a testa alta questi mesi e questi anni di prova suprema. Egli ha detto: “Questi vivi son da temere non solo per quel che essi valgono, ma anche pei morti che rivivono in loro, che sono l’anima loro”».
Con introduzione di Nicola Bizzi.
Il martirio dei monumenti, che oggi riproponiamo all’attenzione dei nostri lettori, è il testo di un discorso che Ojetti tenne, su invito del Sindaco di Firenze Orazio Bacci, il 1° Luglio 1917 nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.
Da ormai tre anni imperversava in Europa e non solo la Prima Guerra Mondiale, un conflitto devastante, il primo conflitto “totale” sperimentato dall’umanità in tempi moderni; una guerra che, oltre a falcidiare centinaia di migliaia di giovani soldati nelle trincee e sui campi di battaglia, colpì indiscriminatamente anche le popolazioni civili, con intenzionali bombardamenti aerei e cannoneggiamenti delle città, non risparmiando i monumenti, le chiese e le opere d’arte. Il patrimonio artistico delle nazioni europee, compresa l’Italia, fu messo seriamente a repentaglio, subendo danni incalcolabili. Per la prima volta le nazioni in guerra non si limitavano a far scontrare i propri eserciti in battaglie campali, ma miravano anche all’annientamento e all’annichilimento, sia fisico che culturale, del nemico, alla sistematica distruzione della sua identità e della sua memoria storica.
In questo suo discorso appassionato Ugo Ojetti traccia un bilancio delle cause e degli effetti di un simile scempio.
«Il nemico, quando s’è accanito a distruggere i monumenti che sono i testimonii di questo nostro passato, ci ha indicato dov’è la sorgente della nostra vita morale, della nostra energia, dell’orgoglio che ci deve fare attraversare a testa alta questi mesi e questi anni di prova suprema. Egli ha detto: “Questi vivi son da temere non solo per quel che essi valgono, ma anche pei morti che rivivono in loro, che sono l’anima loro”».
Con introduzione di Nicola Bizzi.