Il 14 febbraio del 1920, con il decollo alle ore 11 dall’aeroporto di Centocelle su due biplani S.V.A. ai comandi dei piloti italiani Arturo Ferrarin e Guido Masiero, ebbe inizio quello che sarà ricordato negli anni come il “Raid Roma-Tokyo”, concluso dopo oltre tre mesi con l’arrivo nella capitale giapponese il 30 maggio 1920.
All’impresa presero parte quattro Caproni e sette S.V.A. che partirono alla spicciolata a iniziare dal gennaio 1920. I Caproni furono costretti ad interrompere il raid nell’Asia Minore.
I piloti Ferrarin e Masiero, su due S.V.A., partirono il 14 febbraio, gli altri S.V.A. il 14 marzo ma dopo le prime tappe furono costretti ad abbandonare la partita.
Due piloti persero la vita in un incidente.
Solo Ferrarin riuscì a compiere regolarmente e con lo stesso velivolo l’intero percorso, poiché Masiero, che aveva subito un grave incidente a Canton, uscendone per fortuna illeso, dovette supe-rare in piroscafo il tratto Canton-Shanghai e proseguire poi per Tokyo con un aereo di ricambio.
La sua impresa, raccontata in questo diario dalla penna del “Moro di Thiene”, fu di eccezionale valore, considerati i tempi e il notevole contributo dato da un pilota italiano della Prima guerra mondiale al progresso dell’industria
aeronautica italiana.
Il velivolo di Ferrarin venne donato al Giappone che lo collocò nel museo imperiale di guerra di Tokyo, andato completamente distrutto durante la Seconda guerra mondiale.
All’impresa presero parte quattro Caproni e sette S.V.A. che partirono alla spicciolata a iniziare dal gennaio 1920. I Caproni furono costretti ad interrompere il raid nell’Asia Minore.
I piloti Ferrarin e Masiero, su due S.V.A., partirono il 14 febbraio, gli altri S.V.A. il 14 marzo ma dopo le prime tappe furono costretti ad abbandonare la partita.
Due piloti persero la vita in un incidente.
Solo Ferrarin riuscì a compiere regolarmente e con lo stesso velivolo l’intero percorso, poiché Masiero, che aveva subito un grave incidente a Canton, uscendone per fortuna illeso, dovette supe-rare in piroscafo il tratto Canton-Shanghai e proseguire poi per Tokyo con un aereo di ricambio.
La sua impresa, raccontata in questo diario dalla penna del “Moro di Thiene”, fu di eccezionale valore, considerati i tempi e il notevole contributo dato da un pilota italiano della Prima guerra mondiale al progresso dell’industria
aeronautica italiana.
Il velivolo di Ferrarin venne donato al Giappone che lo collocò nel museo imperiale di guerra di Tokyo, andato completamente distrutto durante la Seconda guerra mondiale.