Il paese del vento, metafora ovviamente della natìa Sardegna, è un luogo dove all'asperità del territorio corrispondono rapporti umani retti da leggi arcaiche e immutabili. Esiste, dunque, una sorta di mistica comunione tra stati d'animo e paesaggio. La scrittura in prima persona, supportata da una struttura linguistico/sintattica sarda e latina, oltre a evidenziare l'autobiografismo conferisce forza e intensità alla narrazione. Parallelamente al percorso interiore compiuto dalla protagonista/scrittrice, seguiamo il viaggio in treno dei novelli sposi fino al paese, segnato dal ricordo ingombrante dell'amante di un tempo. Centrale è la situazione emotiva e psicologica dell'Io narrante, ma è il vento che, acquistando fisicità reale, riesce con la sua forza a decidere il destino delle persone. È necessario, quindi, trovare la capacità di reagire di fronte a un destino apparentemente inesorabile. Il romanzo, pubblicato nel 1931, pur se a volte accostato ora all'opera di Verga ora a quella di D'Annunzio, sfugge in realtà, forse anche a causa della formazione da autodidatta della Deledda, a qualunque ferrea catalogazione di corrente. Maria Grazia Cosma Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871. Celebre scrittrice e traduttrice, vince il Premio Nobel per la letteratura nel 1926. Autrice prolifica, è caratterizzata da una narrativa e da una poetica inevitabilmente collegate alla cultura e alla tradizione sarda. Tra le opere principali menzioniamo Cenere (1904), Canne al vento (1913). Diverse le riduzioni cinematografiche e televisive basate sulla sua produzione. Muore a Roma il 15 agosto 1936.
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