Vi voglio raccontare una storia vera che si svolge ogni giorno in un ritaglio di città, nella città di Frosinone e precisamente vicino all’acquedotto comunale. Avreste mai immaginato di immergervi in una fiaba reale? Ebbene, se esiste realmente un Eden, questa ne è una porzione ove vi sono veri e propri angeli, parlo delle persone che interagiscono su questa collina che domina il paesaggio circostante. Allora, perché non accennarvene? Forse vedrò la città che pulsa dal mio mondo, un mondo che vedo da un buco di serratura, ma che ci volete fare, sono cresciuto con altri valori, guardando i lungometraggi di Don Camillo ed è così che vedo Frosinone, un paesone col farmacista, col medico condotto ed i Carabinieri che nel contesto urbano lavorano in sinergia con la popolazione in quanto ci conoscono e tutti li conosciamo. A proposito di medico, di fronte al Bar Broun chi non si farebbe curare da Valerio Regolo, un ometto mingherlino, ma con tanto cervello? Perché non accennare alla famiglia? Alla moglie Annamaria ed ai figli Simona e Danilo? In questa frazione, la vita scorre tranquillamente. È notte e se mi immergo in questa calma, sento il rumore che fa il silenzio. Dormono Sergio e Nena, i loro familiari nella casa attigua, Armando che è appena ritornato dalle vacanze estive, Vincenzo, un omone con la barba con la moglie Antonietta e la loro prole, un po’ più su chi ha un negozio di vernici, Pasquale con la moglie Maria Rita e la mamma Lina, Bruno e Bruna nel proprio chalè mentre sognano dei loro figli. Nella palazzina dove vivo, riposano anche Alvaro, Aureliana e la piccola Alice, Francesco e Franca di fronte a me. Le ore scorrono veloci e non mi accorgo che dalla finestra aperta filtra la luce del nuovo giorno. Andrò a fare spesa da Gaetano lo scultore al negozio di Alimentari, vedrò la figlia Giovanna servire da dietro il bancone, vicino alla chiesetta di Santa Elisabetta. Cala nuovamente la sera, Francesco e Franca si godono la frescura serale. Due persone ottuagenarie, hanno fatto quello che io e pochi altri artisti non hanno mai fatto, hanno messo su famiglia. Chiacchiero con Maria sporto al davanzale della mia finestra che nelle assolate giornate di questa estate, parlotta in cortile messe le sedie bianche di plastica in circolo per Teresa (un gioiello albanese incastonato in Italia), la figlia e per le persone anziane che si siedono scacciando la morte raccontandosi sommessamente su cose quotidiane che, a mio avviso, sono più importanti di un discorso forbito, estrinsecando di ciò che la vita ha loro donato. Ammetto d’aver trovato in loro degli altri genitori poiché ricevo affetto sincero. Per me è una panacea, al ritorno dal lavoro, scambiare due parole con i vecchietti che abitano in questo bel ritratto paesaggistico, quasi irreale, ma vero. Sono insonne, alle cinque del mattino sento il rumore che produce il cancello che si spalanca cigolando. I figli di un’altra coppia che vive oltre l’acquedotto, vanno col furgone al mercato per lavoro. Nel frattempo, Pio od Arcangelo alzano la saracinesca della loro frutteria aspettando Giovanni che verrà, come tutti i giorni, a dar loro una mano. Ancora è presto per udire il vociare acuto che sale dal Bar, ma Giulio ha già aperto il locale, dà acqua alle piante che sono fuori ed aspetta seduto sullo sgabello Michela che puntualmente arriverà. Intriso di storia paesana fatta da persone sincere e schiette che lavorano o hanno lavorato tutta una vita spaccandosi la schiena facendo sacrifici, e sacrifici, e sacrifici ancora, scrivo così di chi vive alla giornata ascoltando la banda nel giorno della Madonna di Guadalupe. Era giusto che introducessi queste persone prima di dare una spiegazione concisa sul libro. Perché concisa? Perché sono fatto così! Non mi piace essere prolisso, riversare su carta fiumi di inchiostro (anche se ne sarei capace). Ringrazio tutti indistintamente perché, grazie al loro calore umano, mi hanno permesso di poter scrivere per anni e per quelli che ancora verranno queste persone artefici di un girotondo, del girotondo della vita. “I cigni del lago dorato”, è stata la mia prima composizione in concatenate. Risale al 2000 e non ho voluto apportare alcuna modifica. Da lì ho capito che in futuro avrei potuto operare su vasta scala producendo altre opere più impegnative. Ognuno di noi ha un percorso unico da affrontare, la nostra vita è come sono le impronte digitali. Non sono il tipo del: “Un nemico astuto, colpisce dove ci si sente più sicuri”. “Il paesino sul picco”, questa composizione in quartine, la iniziai nel 2006. Chissà se i Villani (gli abitanti di Villacamponeschi), potranno mai perdonare la mia assenza, ma se volevo fare una cosa fatta bene, dovevo mancare per bagnarmi nei ricordi, ricordi che hanno una parte nella mia vita, una vita intensa e piena di emozioni che genitori sagaci sono riusciti a farmi avere. L’uomo, venendo al mondo nasce libero. Che siate i padroni del vostro domani voi uomini e donne di ogni nazionalità.