C’era un dolce tepore in quella cucina, tutto era armonia, e continuavamo a bisbigliare come se ci fosse stato qualcuno da non svegliare, da non disturbare.
È nostro desiderio parlarvi di un antico pane tipico sardo, composto da semplici e pochi ingredienti quali una manciata di farina lavorata senza l’utilizzo del lievito di cui abitualmente facciamo uso, e schiacciata a lungo per ottenere uno spessore incredibilmente sottile; attualmente accompagna cibi, stuzzichini e salse anche nella penisola e risulta essere molto apprezzato dai «continentali»: si tratta del pane carasau, conosciuto anche con il nome di carta da musica – nome non attribuitogli dai sardi – per via delle sue sottilissime sfoglie e del suono che producono grazie alla loro tipica croccantezza.
«Su pani fattu in domu», «il pane fatto in casa», quello che racconta storie infinite, che nasce in seno a una famiglia e che vaga di casa in casa, dentro bisacce o sull’altare del parroco, che richiede un intero corredo di canestri e di preziosi teli di lino bianco, che sopravvive a più di una stagione, e che prima ancora d’esistere è parte di un’idea che nasce coltivando, trebbiando, setacciando.
È nostro desiderio parlarvi di un antico pane tipico sardo, composto da semplici e pochi ingredienti quali una manciata di farina lavorata senza l’utilizzo del lievito di cui abitualmente facciamo uso, e schiacciata a lungo per ottenere uno spessore incredibilmente sottile; attualmente accompagna cibi, stuzzichini e salse anche nella penisola e risulta essere molto apprezzato dai «continentali»: si tratta del pane carasau, conosciuto anche con il nome di carta da musica – nome non attribuitogli dai sardi – per via delle sue sottilissime sfoglie e del suono che producono grazie alla loro tipica croccantezza.
«Su pani fattu in domu», «il pane fatto in casa», quello che racconta storie infinite, che nasce in seno a una famiglia e che vaga di casa in casa, dentro bisacce o sull’altare del parroco, che richiede un intero corredo di canestri e di preziosi teli di lino bianco, che sopravvive a più di una stagione, e che prima ancora d’esistere è parte di un’idea che nasce coltivando, trebbiando, setacciando.