Nel nostro ordinamento, come in quello di altri Paesi, le organizzazioni pubbliche hanno sempre avuto il potere di rimuovere da sé i provvedimenti illegittimi. L’incidenza che siffatta prerogativa è destinata ad avere sui diritti e sugli interessi degli amministrati è notevole; ancor più quando ha ad oggetto provvedimenti attributivi o autorizzativi di vantaggi economici, ove la realizzazione degli investimenti risulta condizionata dalla configurazione stessa del potere dell’amministrazione di porre nel nulla con efficacia ex tunc i suddetti provvedimenti accrescitivi. Proprio per questa sua attitudine, la disciplina dell’annullamento d’ufficio è stata più volte assoggetta a modifiche normative. Troppo forte, in essa, il legame tra “Stato” e “mercato”. Il lavoro si propone di indagare – alla luce della teoria generale del diritto e dei principi del diritto costituzionale e del diritto amministrativo – le criticità che sembra presentare la scelta ( melius, il “tempo” e il “modo”) di fissare un rigido limite temporale, portato a dodici mesi dal d.l. n. 77/2021, al potere di autotutela provvedimentale di annullamento.