“Il Presidente” è la tragedia di una famiglia politica tutta italiana, quella degli Anforti, che per fortunose traversie politiche ed epocali si trova ad assumere (nelle vesti del suo cardine e presidente eletto, Emilio Anforti) la guida di un impero che dalle Alpi si estende fino alle vicine propaggini mediorientali. Siamo in uno scenario verosimile di un prossimo futuro, in cui la necessità di un blocco nazional-popolare che si opponga al dilagare del terrorismo islamico in Europa, spinge le massime cariche del continente e quelle d’America ad appoggiare la creazione di un’Italia “grande e nuova”, che sulle gloriose orme dell’impero di Roma si riproponga alla contemporaneità come saldo baluardo d’Occidente, e difesa della sua identità storica e culturale. A sconvolgere i piani di un uomo assurto ai massimi onori del potere politico, si affaccia il caso beffardo, un crudele “intoppo” che nella forma di un fulminante cancro al cervello lo spingerà a un’ira devastante e precipitosa contro se stesso e il mondo che lo circonda. Nello spazio di pochi mesi egli provocherà la rottura dell’alleanza coi suoi potenti sostenitori americani, il vergognoso appoggio alle mire espansionistiche di un borioso califfo dell’Est, e infine lo sfascio (tra delitti, gelosie e violenti rancori) dell’intera sua ammirata, potente famiglia. Al centro di tutto c’è lui, un presidente/imperatore che tra luci e ombre, follia cosciente e pungenti massime di saggezza, incarna una coscienza al bivio tra responsabilità patria e devastante inclinazione alle disillusioni di un Io sempre più fioco, pessimista, implosivo, in cui va spegnendosi il mondo assieme alle sue roboanti etichette strategico-militari. Il primo atto della tragedia trascina il lettore sull’effimera scia delle gloriose gesta del capostipite degli Anforti: l’Italia è fiera del suo imperatore, il papa è costretto a cedergli San Pietro, i generali e i nobili dell’impero si uniscono alle sorti della nuova Roma. Sullo sfondo, spietati e inevitabili come il destino, si profilano i tre medici, figure a metà tra sogno e realtà che predicono a Emilio il prossimo decesso per cancro. Da allora, complice una malattia che distorce la percezione del mondo e della verità, il protagonista si lascia contaminare da una cieca furia di distruzione e auto-annientamento di cui per ora conosciamo solo i malsani propositi. Nel secondo atto assistiamo alla presa di San Pietro da parte del principe Claudio, evento epocale anche perché presuppone il decadimento della gerarchia ecclesiastica e del cattolicesimo come religione storica. Pur auspicato dalla politica illuminata dell’impero, l’annessione dell’enclave vaticana suscita fredde reazioni nei genitori di Claudio, che ne resta amareggiato. Primi passi verso il discredito internazionale della sua figura da parte di Emilio Anforti, che sceglie di liberare il capo di una potente organizzazione terroristica di matrice islamica e di avvicinarsi alla politica del califfo d’Oriente Amir Al-Ahmad. Prosegue nel terzo atto la “caduta” vertiginosa della popolarità del presidente neo-imperatore, con la scelta di abbandonare i tradizionali alleati americani e di entrare definitivamente nella sfera di influenza del califfo. Intanto il popolo si ribella alle nuove disposizioni religiose che vedono esaltata quella musulmana a scapito della cristiana, e si ribella con manifestazioni in tutta Italia. In particolare seguiamo la drammatica vicenda di un contadino, Cosimino Senzanome, elevato per scherzo al rango di imperatore da parte dei suoi compaesani.