Tra i problemi più inquietanti sui quali l’uomo si è sempre fermato a riflettere, il problema del male occupa un posto particolare, rappresentando probabilmente in se stesso, la domanda sul senso morale della vita dell’uomo. Il tema indubbiamente non è nuovo, anzi, si potrebbe dire che è un topos classico della riflessione filosofica e non solo filosofica, ciò che colpisce, semmai, è proprio la sua costante riproposizione in forme ed epoche diverse, sempre, però, manifestando una costante problematicità e, infondo, irrisolvibilità.Lo studio della filosofia non deve portare ad annegare in un oceano di domande con la pretesa di risolvere determinati quesiti, ma aiutare l’uomo a comprendere che sono proprio le domande, principalmente le stesse domande, quelle sempre aperte e quelle sempre presenti, pur senza risposta o formule ben definite una volta per tutte, il motore della vita umana e della storia. La filosofia non è astrazione, ma non è neppure un distributore di risposte belle e fatte per ogni quesito umano: essa, e la riflessione morale che le concerne, punta piuttosto a far luce su questioni e argomenti controversi, nella consapevolezza di perseguire e di ricercare, non di giungere a una meta certa e sicura, o di arrivare a una verità assoluta.Il ruolo che il problema del male riveste nel pensiero di un filosofo come Leibniz e che viene ad assumere all’interno del sistema da lui costruito attorno alla Teodicea, è alquanto ambivalente. Il quesito del Unde malum? e il binomio etico bene-male non costituiscono il perno del sistema leibniziano, eppure è proprio attraverso la non centralità della loro posizione che emergono due aspetti di fondamentale importanza, ma anche di segno opposto, della Teodicea di Leibniz: la razionalizzazione del suo intero sistema e l’irenismo della religione naturale...