«Mi chiamo Lele, Lele Maxia, ho otto anni quasi nove, vado in terza elementare – fiocco giallo grembiule nero –, mio padre fa il fotografo e anche io lo farò.»Una scrittura raffinata e ironica, un ritratto degli anni Settanta che innamora e fa sorridere, un bambino che non vorremmo crescesse mai e un Barrett M82 di troppo nella borsa da fotografo.Alla fine degli anni Settanta Lele fa l’apprendista fotografo, accompagna il padre ai matrimoni e lo aiuta in camera oscura, dove il genitore si occupa più di sviluppare atti sovversivi che fotografie. Siamo agli albori del 1 hour photo, quando i laboratori di stampa rapida fanno fortuna. Ma in famiglia non si possono permettere di acquistare la gallina dalle uova d’oro, il minilab per la stampa a colori. Si fa solo bianco e nero, si fa la fame. Un giorno il babbo anarchico nasconde in studio un compagno ferito, a Lele sembra un cristo appena schiodato dalla croce. Irrompe la polizia che arresta i rivoluzionari, e la bottega fotografica chiude. Ritroviamo Lele ragazzo che s’innamora della commessa di un quick service, e decide di riprendere il sogno interrotto. Ma di lì a poco giunge l’apocalisse dei laboratori di sviluppo e stampa: la fotografia digitale. Lele dovrà inventarsi un altro lavoro, e non sarà un mestiere onesto.Emanuele Cioglia è nato a Cagliari nel 1971. Fa il fotografo e lo scrittore, quindi il precario per antonomasia. Ha pubblicato Un rivoluzionario al bar (La riflessione, 2005); Il mozzateste (Aipsa, 2006), vincitore del Premio Grazia Deledda per la sezione Narrativa Giovani, nel 2008; Tranquillo come una salma (Aipsa, 2009); Asia non esiste (Arkadia, 2012), menzione speciale per la Narrativa al Premio Francesco Alziator, nel 2012. Pubblica racconti sul suo blog, Il clandestino, su quotidiani e in raccolte di scritti brevi.