Possono le note di un violino risuscitare il passato, unire i destini degli sconosciuti, dilatare il presente fino a renderlo un futuro diverso? Possono. Anche se non c’è più l’entusiasmo del mattino all’orizzonte della vita di Adele, ma i sentimenti contrastanti del tardo pomeriggio. Anche se Adele ha paura. Teme che l’oscurità le ingoi, non la vita, ma le tracce che testimoniano quanto e come l’abbia vissuta. Possono. Pur non essendo mattino nemmeno nella vita di Sebastian, ma già pomeriggio. Anche se quel pomeriggio appena sbocciato non ricordi nulla delle prime luci dell’alba, che lo volevano meno artista e più contadino. Possono. Nonostante Adele sia ebrea e Sebastian romeno. Nonostante Adele rincorra il passato e Sebastian il futuro. Possono, se quegli sconosciuti le ascoltano mentre vibrano nel presente. Pur essendo pomeriggio per entrambi, per l’anziana un tempo liutaia, e per il violinista dei corridoi della metropolitana. È pomeriggio sulla linea che scandisce il tempo, è vero, ma non è ancora sera. Nel dispiegarsi di un racconto attorno a un’amicizia fuori dagli schemi, riemerge l’Italia che ha deportato ebrei, che ha pianto i morti del Vajont, che ha accolto altri popoli senza timori.