Nelle liriche di Pierluigi Gronchi colpisce la musicalità del dettato, il canto disteso, il ritmo e il respiro di un’anima pura. E su tutto una vena di melanconia pervasa di pensosa riflessione che placa nel verso piano e lineare l’intensità delle emozioni. L’attesa, intesa come vibrazione dell’ansia sottesa all’esistenza stessa, si trasfigura in sommessa osservazione del passare del tempo, spiragli su una realtà intravista più che posseduta, perché non si può trattenere ciò che continuamente si ridefinisce quale pennellata su pennellata come in un dipinto impressionista. L’esperienza, la memoria prima ancora di cristallizzarsi si abbandona sulla pagina, spazio ideale e reale in cui il Poeta raccoglie le inquietudini e trasforma la sofferenza in speranza. La poesia, in questo senso epifania dell’esistenza, si fa espressione della pluralità dei sensi che l’essere umano coglie nello scorrere del suo tempo e consente di rileggere il senso del nostro cammino restituendo a ogni passo il senso di un ritorno a se stessi.