Arnheim, l’alter ego di Urlich nel capolavoro di Musil L'uomo senza qualità, ritraeva le caratteristiche di un personaggio storico non molto noto fuori dei confini della Germania, ma estremamente rappresentativo del periodo della storia tedesca ed europea che corrispose alla Repubblica di Weimar e dell’atmosfera culturale che lo caratterizzò, si tratta di Walther Rathenau.
Lo stesso che nel febbraio del 1912 annotava nel suo diario con tono noncurante: “Bella giornata. Primaverile. Stato d’animo indefinito. Che soggetto sarò per i Privatdozenten del 1950!” All’epoca era un uomo di 42 anni, già certo di essersi guadagnato un posto nei libri di storia. Oltre che al figlio ed erede del leggendario fondatore dell’AEG, egli confidava che il suo nome sarebbe stato associato alla forma di Zeitkritik e al concetto di Mechanisierung da lui elaborati nella sua prima opera. Forse sperava anche che qualche biografo più attento non avrebbe trascurato di annotare le sue numerose relazioni pubbliche e la sua familiarità con il Kaiser.
Fu descritto come uomo ambizioso e vanitoso, come cortese conversatore, brillante e sarcastico argomentatore, ma anche come un isolato e un incompreso, personalità che sfuggiva alle definizioni e coacervo di umane contraddizioni. Si sentì un profeta della modernità e, per quanto si ritenesse incompreso, credeva nell’ultima verità e nel successo di ogni sua impresa.
Ciò che può aver contribuito alla sua inflessibile determinazione è un importante incidente di nascita: l’essere ebreo. Si impegnò tutta la vita in direzione di una, non sempre facile, integrazione senza riserve nel tessuto culturale tedesco. Non fu solamente il figlio di uno dei più grandi imprenditori dell’inizio del XX secolo e a sua volta imprenditore ma, in primo luogo, il ministro degli esteri tedesco che firmò, all’indomani del primo conflitto mondiale, il trattato di Rapallo con la Russia e che pagò questo gesto con la vita. Ucciso barbaramente e vigliaccamente dalle prime frange nazionalistiche spregiudicate nel 1922, era stato un liberal-nazionale, che aveva "civettato" secondo alcuni con il bolscevismo e un ingegnere che aveva considerato però la sua più alta vocazione quella alla filosofia.
La sua ambizione fu disegnare il progetto di una società perfettamente moderna, dove la spiritualità bastasse ad ispirare il più alto idealismo, quello che riesce a trasformare ogni entusiasmo in azione.
Solo ad un uomo che sapesse fondere in sé l’anima di un mistico e la mente di uno scienziato poteva essere attribuito tale compito e Rathenau si sentì all’altezza di assumerlo.
Lo stesso che nel febbraio del 1912 annotava nel suo diario con tono noncurante: “Bella giornata. Primaverile. Stato d’animo indefinito. Che soggetto sarò per i Privatdozenten del 1950!” All’epoca era un uomo di 42 anni, già certo di essersi guadagnato un posto nei libri di storia. Oltre che al figlio ed erede del leggendario fondatore dell’AEG, egli confidava che il suo nome sarebbe stato associato alla forma di Zeitkritik e al concetto di Mechanisierung da lui elaborati nella sua prima opera. Forse sperava anche che qualche biografo più attento non avrebbe trascurato di annotare le sue numerose relazioni pubbliche e la sua familiarità con il Kaiser.
Fu descritto come uomo ambizioso e vanitoso, come cortese conversatore, brillante e sarcastico argomentatore, ma anche come un isolato e un incompreso, personalità che sfuggiva alle definizioni e coacervo di umane contraddizioni. Si sentì un profeta della modernità e, per quanto si ritenesse incompreso, credeva nell’ultima verità e nel successo di ogni sua impresa.
Ciò che può aver contribuito alla sua inflessibile determinazione è un importante incidente di nascita: l’essere ebreo. Si impegnò tutta la vita in direzione di una, non sempre facile, integrazione senza riserve nel tessuto culturale tedesco. Non fu solamente il figlio di uno dei più grandi imprenditori dell’inizio del XX secolo e a sua volta imprenditore ma, in primo luogo, il ministro degli esteri tedesco che firmò, all’indomani del primo conflitto mondiale, il trattato di Rapallo con la Russia e che pagò questo gesto con la vita. Ucciso barbaramente e vigliaccamente dalle prime frange nazionalistiche spregiudicate nel 1922, era stato un liberal-nazionale, che aveva "civettato" secondo alcuni con il bolscevismo e un ingegnere che aveva considerato però la sua più alta vocazione quella alla filosofia.
La sua ambizione fu disegnare il progetto di una società perfettamente moderna, dove la spiritualità bastasse ad ispirare il più alto idealismo, quello che riesce a trasformare ogni entusiasmo in azione.
Solo ad un uomo che sapesse fondere in sé l’anima di un mistico e la mente di uno scienziato poteva essere attribuito tale compito e Rathenau si sentì all’altezza di assumerlo.