In prima persona, con un serrato monologo, l’autore ci porta con sé, in questo viaggio alla scoperta di se stesso… con le persone che ama e che ha amato. Parallelo si snoda un altro monologo: è il Tempo a parlare. Segue il viaggiatore, ne spia i comportamenti, è promessa di cambiamenti. Alla fine un proposito enunciato in termini di certezza: “Troverò il sistema per godere di quello che ho… del fatto di esistere, di correre, di inventare una vitae altre mille”. Un obiettivo “normale” ma proprio per questo eroico. Tutto ci dice che il viaggio e il racconto sono stateesperienze autentiche… delle quali ciascuno di noi può fidarsi e può giovarsi nel fare i conti con se stesso.L’autoreAgostino De Zordo, nato a Subiaco, vive e lavora a Roma.IncipitÈ che non mi basta niente. La musica o la luna e il mare o il cielo e l’alba, i tramonti, la notte, il giorno, i sogni, gli incubi, le paure, i traguardi, le vittorie. Niente, neanche lei, gli altri, il resto. Allora ben venga questo viaggio, per una pausa leggera del vivere. Certo dovrò tornare, ma intanto penso solo a partire, sollevarmi da questo peso e volare, sospendere il mio essere pesante (come pensante) dalle cose che incombono, intorno. Voglio portare questo mio corpo in giro, guardarlo da fuori se si emoziona, se si agita, se capisce, se intuisce, dove è forte, dove sbaglia. Portarlo a spasso dove posso, dove nessuno lo conosce, nessuno lo vuole e lo ama. Come una prova, un esperimento: essere tutto, il tutto possibile dentro e fuori da me stesso. Certo avrò altri pensieri, ma diversi e nuovi. Altre tensioni e malesseri, sarò comunque reale e nella realtà, quest’altra, estranea e sconosciuta. Di cui non faccio parte, se non temporaneamente, solo un passaggio, un tratto senza dover segnare e rincorrere il tempo, perché questo non sarà il mio posto, se non adesso e poi forse mai.