Duro è il parlar poetico, in un mondo ormai scaduto nel prosaico, ove appiattita è ogni emozione, e la moda letteraria in patria è divenuta un lasciar parlare lo straniero. Per molti anni l'autore maledisse il fato che lo costrinse a parlar italiano, e a coltivar l'amore per la lingua dei suoi padri: fu troppa passione invece, e troppa rabbia per veder sì vilipeso uno dei più nobili idiomi in Europa.
Forse è anche il desiderio di redimere un Paese che non si cura più di se stesso, ma soltanto della propria apparentemente irreversibile decadenza, a spingerlo a guardare di nuovo ai secoli d'oro dell'arti nostre, ai tempi in cui il gran fantasma dell'Alighieri era ancora un esempio e un precettore ai novelli scrittori, anziché mera, pur onorevolissima, larva del passato. Guardò al Sommo, rifuggì dall'imitarlo (cosa ridicola e pericolosissima), soltanto ne trasse ispirazione. E gli si schiuse il suo Inferno, e dalle australi caverne lo portò in cielo, tra le stelle e le immaginarie costellazioni d'Averno.
Questa è la storia in versi del viaggio d'un poeta, del suo "Virgilio" (angelo/demonio custode), e dei in Inferno XXI non vale il concetto classico di colpa. Il castigo è connaturato all'essenza stessa di vita, e il messaggio che se ne ricava è un radicale ribaltamento dei valori tradizionali d'esistenza, sensorialità, positivo e negativo. Attraverso nove grandi categorie professionali, e ventisette sottoinsiemi/pianeti/gironi, l'umanità patria e internazionale è selezionata e fustigata nelle sue debolezze, ma anche nei valori che oggi crede siano sua forza (lavoro, famiglia, patriottismo, religione). L'angelo accompagna il vate a ciascun gruppo di galassie, là dove, in nuovi cieli a cintura d'un universo sconosciuto, albergano le anime mai svanite, mai premiate, dei morti in ogni età.
La forma didascalico-allegorica del poema, d'evocazione dantesca (lo si ripete, perché mai lo si farà abbastanza), comprende trenta canti per 4500 endecasillabi sciolti complessivi, divisi in terzine, e un progressivo excursus di drammatica consapevolezza individuale e corale.
Forse è anche il desiderio di redimere un Paese che non si cura più di se stesso, ma soltanto della propria apparentemente irreversibile decadenza, a spingerlo a guardare di nuovo ai secoli d'oro dell'arti nostre, ai tempi in cui il gran fantasma dell'Alighieri era ancora un esempio e un precettore ai novelli scrittori, anziché mera, pur onorevolissima, larva del passato. Guardò al Sommo, rifuggì dall'imitarlo (cosa ridicola e pericolosissima), soltanto ne trasse ispirazione. E gli si schiuse il suo Inferno, e dalle australi caverne lo portò in cielo, tra le stelle e le immaginarie costellazioni d'Averno.
Questa è la storia in versi del viaggio d'un poeta, del suo "Virgilio" (angelo/demonio custode), e dei in Inferno XXI non vale il concetto classico di colpa. Il castigo è connaturato all'essenza stessa di vita, e il messaggio che se ne ricava è un radicale ribaltamento dei valori tradizionali d'esistenza, sensorialità, positivo e negativo. Attraverso nove grandi categorie professionali, e ventisette sottoinsiemi/pianeti/gironi, l'umanità patria e internazionale è selezionata e fustigata nelle sue debolezze, ma anche nei valori che oggi crede siano sua forza (lavoro, famiglia, patriottismo, religione). L'angelo accompagna il vate a ciascun gruppo di galassie, là dove, in nuovi cieli a cintura d'un universo sconosciuto, albergano le anime mai svanite, mai premiate, dei morti in ogni età.
La forma didascalico-allegorica del poema, d'evocazione dantesca (lo si ripete, perché mai lo si farà abbastanza), comprende trenta canti per 4500 endecasillabi sciolti complessivi, divisi in terzine, e un progressivo excursus di drammatica consapevolezza individuale e corale.
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