Da diversi secoli, gli uomini hanno individuato mezzi fisici e chimici per superare il senso d’impotenza derivante dal saper fare poco o nulla per variare il decorso naturale delle malattie mentali. Circa sessant’anni fa, però, nel decennio a ridosso della fine del secondo conflitto mondia-le, quasi tutto è cambiato con la scoperta, spesso casuale, dell’azione sul Sistema Nervoso Centrale da parte di alcuni principi farmacologici che si pensava potessero avere tutt’altro bersaglio. Essi, risultati utili alla cu-ra dei disturbi mentali, dal 1957 sono stati riconosciuti come agenti psi-cotropi, cioè sostanze con un tropismo psicologico, psicofarmaci appun-to. Da allora, la ricerca sulle basi neurobiologiche dei loro effetti tera-peutici è molto progredita. Ma anche gli effetti psicosociali della loro prescrizione hanno preso sempre maggior rilievo. Goccia dopo goccia, gli psicofarmaci sembrano aver dato luogo, a li-vello planetario, ad un diluvio psicochimico. Gran parte di questo dilu-vio, poi, sfugge alle statistiche ufficiali per il semplice fatto d’essersi condensato negli oceani dell’abuso e dello spaccio. Ogni giorno, centi-naia di milioni di persone semplicemente li assumono. Soprattutto perché sono mezzi molto influenti sul pensiero, sull’affettività e sul comportamento umano, le attribuzioni di significato che ricevono sono le più varie: cibo per la mente, chimica per l’anima, dono della scienza, carburante per i momenti di difficoltà, sostanze d’abuso e di dipendenza, elisir per ogni tristezza... Così, nomi commer-ciali come Valium, Serenase, Prozac, ecc., hanno assunto significati ben più lati – e quasi mitologici – nell’immaginario collettivo rispetto ai cor-rispondenti principi attivi Diazepam, Aloperidolo, Fluvoxamina, ecc. Spetta senza dubbio al medico il compito di selezionare le conoscen-ze utili per compiere appropriate scelte prescrittive. Spetta però alla col-lettività, ed in particolare a chi è accanto al paziente nel ruolo di fami-gliare, di psicologo, di psicoterapeuta, di educatore, di operatore sociale, di amministratore della cosa pubblica, non lasciare da solo il medico a gestire la sostanziale contraddizione tra il suo potere ed il suo sapere prescrittivo. Essi, i non medici, sono, dunque i principali destinatari di questo testo. Tratto dall'Introduzione