Jan Palach, la “torcia n.1”, il 16 gennaio 1969, in Piazza San Venceslao a Praga, scelse di darsi fuoco come estremo atto di protesta contro il fagocitante comunismo sovietico che invadeva la Cecoslovacchia – a suon di carri armati e soldati in assetto da guerra – impedendole di evolvere, di riunire la propria comunità in un socialismo moderno, dal “volto umano”, oltre l’annichilente volontà del totalitarismo comunista. La Primavera di Praga veniva fermata militarmente dalla Russia in un bagno di sangue negli anni in cui, come scrive Marcello Veneziani, «i sessantottini incendiavano il mondo pensando a sé stessi, mentre Palach incendiava sé stesso pensando al mondo». Jan Palach si mostra ora in un fumetto originalissimo nel tratto (che qua e là sembra appena abbozzato per poi prendere vigore, forza, materia) e nella sceneggiatura (un crescendo di veri e propri versi – leggeri, privi di retorica – che rapisce, che lascia attoniti, che commuove). Il ricordo vivo di uno degli ultimi grandi, giovani europei. «Io non sono un suicida» disse Jan, «sono la luce che ha illuminato il buio che è sceso sulla Cecoslovacchia. Anche una piccola torcia, nel buio, può diventare un faro che illumina il mondo. I giovani cecoslovacchi sono disposti a morire per dare luce».