In questo suo unico libro autobiografico, Salgari rievoca i giorni lontani e spensierati della giovinezza, quando insieme a un gruppo di artisti e letterati bohémienne andò in campagna a fondare una colonia artistica, la "Topaia". Alcuni artisti scapigliati passavano il tempo a ordire scherzi, apparizioni di spettri per evitare di pagare la pigione, a scolarsi fiumi di barbera e grappini, tra feste chiassose e "sconcerti" assordanti, finanziati impegnando gloriose zimarre al "Monte d'Empietà". Questo clima di allegria è però venato di una sottile malinconia: Salgari scrisse questo libro in un periodo di grande malessere, che culminò, due anni dopo, con il suo suicidio.