Gli eventi hanno assunto un ritmo così accelerato che questa succinta segnalazione dei pronunciamenti ecclesiastici romani sul comunismo, a poca distanza di tempo dal momento in cui fu compilata, si trova ad apparire in pubblico mentre il problema delle relazioni diplomatiche tra Roma e Mosca è argomento concreto di pubbliche discussioni e forse di blandamente smentite trattative diplomatiche. La Federazione delle Repubbliche Sovietiche è oggi una potenza europea che incide in maniera indeclinabile (non diciamo in quale misura e per chi deprecabile) sugli interessi più gelosi della tradizione cattolica nell'oriente europeo. La questione dei confini orientali della Polonia di domani non è soltanto una delicatissima questione internazionale: implica anche un sensibilissimo problema religioso. La Polonia è stata, si può dire, dalle origini, il baluardo della romanità cattolica di fronte allo slavismo ortodosso. E la questione di Leopoli, lo ha esplicitamente riconosciuto Eden alla Camera dei Comuni, prima che una questione etnico-politica, è una questione sostanzialmente religiosa. Ecco perchè le dichiarazioni dottrinarie formulate da Roma circa il comunismo, che oggi è in Russia un importante fatto e un ponderoso fattore politico, e le sue manifestazioni, dalla prima comparsa del manifesto comunista nel 1848, hanno rivestito improvvisamente una significazione e una portata che investono la funzione stessa internazionale del papato questa riorganizzazione del mondo che sta per avere a San Francisco una sua prima delineazione. Ragione di più per seguire nella loro successione storica i documenti papali relativi al movimento e alla ideologia comunisti. Roma, 18 aprile 1945. ERNESTO BUONAIUTI Ernesto Buonaiuti (Roma, 25 giugno 1881 - Roma, 20 aprile 1946) è stato un presbitero, storico, antifascista, teologo, accademico italiano, studioso di storia del cristianesimo e di filosofia religiosa, fra i principali esponenti del modernismo italiano. Scomunicato e dimesso dallo stato clericale dalla Chiesa cattolica per aver preso le difese del movimento modernista, fu prima esonerato dalle attività didattiche, in base ai Patti Lateranensi tra Chiesa e Regno d'Italia, e poi privato della cattedra universitaria per essersi rifiutato, con pochi altri docenti (appena dodici), di giurare fedeltà al regime.
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