Cosa avevano i bambini della tarda antichità, ai confini dell’Impero romano, sui banchi di scuola per imparare il latino o il greco, prima che l’età riservasse loro ben più lunghe e noiose prove? Da un manoscritto del IX secolo emerge un frammento che riporta una piccola antologia di 17 brevi favolette, dal lessico e dalla sintassi molto semplici, scritte in latino e tradotte in greco. Si tratta di apologhi desunti dall’antichità greca e latina che sono abbreviati e rielaborati per lo più da anonimi maestri per istruire non solo grammaticalmente i loro giovani allievi. Il cervo vanitoso per le sue lunghe corna e per questo punito, il topo che riscatta tutti gli esseri più piccoli della terra salvando la vita al leone, o anche la notissima favola della cicala e della formica, la cui versione latina compare per la prima volta proprio in questo manoscritto medievale. L’edizione critica di Caterina Mordeglia del testo sia latino sia greco è comparsa a stampa nel volume Animali sui banchi di scuola, 2017.