Sono decenni che, a fronte del progressivo annientamento del tema dei diritti (alla salute, alla casa, allo studio…), la politica continua a puntare tutto su un discorso in cui il tema della “sicurezza” è sempre al primo posto, in cui gli unici investimenti parlando di telecamere da piazzare ovunque e dove sfratti e sgomberi vengono venduti all’opinione pubblica come vere e proprie battaglie di civiltà. Nel nome del “decoro”, chi non ha una casa assurge velocemente allo status di nemico pubblico, i lavoratori “colpevoli” di scioperare rischiano anni di galera e i migranti costretti ad affrontare un’esistenza priva di qualunque garanzia. La situazione, come dimostra la ricerca di Bianca Fusco, peggiora quando la tematica della sicurezza si intreccia con la questione di genere. Perché, in questo caso, la strumentalizzazione dei corpi femminili diventa addirittura spettacolare e la tanto sbandierata sicurezza si rivela per ciò che è: nient’altro che un dispositivo materiale utile a normalizzare le soggettività ritenute non conformi e a guadagnare al terreno del profitto gli ultimi scampoli di libertà e di agibilità collettivi ancora presenti nei contesti urbani.