Socrate, Epicuro, Nietzsche, giganti della tradizione filosofica con i quali Valentino Bellucci si confronta in una serie di brevi saggi in cui cerca di catturare la loro intimità
In questi saggi il filosofo Valentino Bellucci si confronta con i giganti della tradizione filosofica:
Socrate, Epicuro, Nietzsche, ma lo fa in modo più intimo, segreto, cercando di catturare l’intimità di questi pensatori. Come scrive l’autore a proposito di Epicuro: “Forse è giunto il tempo di rientrare nel giardino di Epicuro, ma non più come è stato fatto una volta, demarcando confini tra il giardino e il caos esterno, poiché adesso nessun confine è più demarcabile. Il nuovo giardino di Epicuro è un giardino virtuale che possiamo disseminare in ogni punto dello spazio, che possiamo far sbocciare da ogni atomo, per poi farlo scomparire subito dopo. Solo così la consapevolezza epicurea, con la sua drammatica serenità, potrà essere in ogni punto e in nessun luogo. Ed allora, forse, riusciremo a intravedere questo enigmatico filosofo; chi era in realtà? Quanto dovette soffrire per cercare nella filosofia la disciplina del farmaco? Quante volte ha osservato le foglie, i rami del suo giardino? Aveva capito che dobbiamo essere noi stessi la nostra cura? Aveva compreso che tra la linfa delle piante e il nostro sangue c’è la differenza che c’è tra due musiche distanti?”
In questi saggi il filosofo Valentino Bellucci si confronta con i giganti della tradizione filosofica:
Socrate, Epicuro, Nietzsche, ma lo fa in modo più intimo, segreto, cercando di catturare l’intimità di questi pensatori. Come scrive l’autore a proposito di Epicuro: “Forse è giunto il tempo di rientrare nel giardino di Epicuro, ma non più come è stato fatto una volta, demarcando confini tra il giardino e il caos esterno, poiché adesso nessun confine è più demarcabile. Il nuovo giardino di Epicuro è un giardino virtuale che possiamo disseminare in ogni punto dello spazio, che possiamo far sbocciare da ogni atomo, per poi farlo scomparire subito dopo. Solo così la consapevolezza epicurea, con la sua drammatica serenità, potrà essere in ogni punto e in nessun luogo. Ed allora, forse, riusciremo a intravedere questo enigmatico filosofo; chi era in realtà? Quanto dovette soffrire per cercare nella filosofia la disciplina del farmaco? Quante volte ha osservato le foglie, i rami del suo giardino? Aveva capito che dobbiamo essere noi stessi la nostra cura? Aveva compreso che tra la linfa delle piante e il nostro sangue c’è la differenza che c’è tra due musiche distanti?”