'La coscienza di Zeno' è il terzo romanzo di Italo Svevo. Pubblicato nel 1923, molto apprezzato da Eugenio Montale e da James Joyce, che lo suggerisce a editori francesi, il libro racconta in chiave autobiografica il resoconto della viva di Zeno Cosini. Il protagonista vive la propria monocorde esistenza in maniera disincantata, caratteristica che gli permette di ricordare il proprio percorso umano come una serie di avvenimenti tragici e al tempo stesso comici. Le sue convinzioni, frutto di una saggezza tuttavia non superficiale, lo portano a considerare che 'la nostra coscienza è un gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli', concludendo che l'unico modo per dirsi sani è convincersi di esserlo effettivamente. Tra i testi più influenti del '900 italiano, la forma classica del romanzo lascia spazio in queste pagine al diario, che presenta i fatti raccontati senza una vera e propria cronologia e con apparente casualità cronologica. L'analisi della psicologia di Zeno viene anche interpretata come uno dei primi esempi di resoconto di ciò che nel Ventesimo Secolo è stato considerato 'il malessere dell'uomo moderno'.