“Perché la parmigiana si chiamava parmigiana?”, uno dei tanti perché che possono nascere nelle conversazioni di fine pasto. Come le briciole prima del dessert erano raccolte (ma non buttate), ancor oggi non è male raccogliere alcune delle tante briciole d’intelligenza che un tempo accompagnavano una brillante e amabile conversazione su argomenti anche frivoli di cucina. Una raccolta che inizia da antiche consuetudini, perdute o in via di sparizione, e dalle molte etimologie, a proposito delle quali valgono forse più l’immaginazione e la fantasia che una rigorosa ricerca linguistica, capace soltanto, il più delle volte, di ridursi al riconoscimento di un etimo incerto. Del resto, come ci fa notare Massimo Montanari nella prefazione “le briciole..., una per una, sembrano piccole cose. Ma non disperdetele. Legatele insieme con un po’ di uova e farina, istituendo connessioni fra una pagina e l’altra, l’una e l’altra miniatura, l’una e l’altra suggestione: ne uscirà una vivanda gustosa, un quadro d’insieme di cui apprezzeremo la piacevolezza, accompagnandola con la bevanda calda dell’intelletto, ragionando insieme, una volta ancora, sui mille segreti della cultura del cibo”.