Un libro appassionato, che offre una nuova prospettiva allo studio e all’analisi del rapporto tra enti locali e mafia. Dalle elezioni amministrative del 1946 alla approvazione della legge sugli scioglimenti dei consigli comunali per mafia del 1991, per la prima volta viene ricostruita la storia del funzionamento dei comuni, del legame con i grandi avvenimenti internazionali e nazionali e del perché siano occorsi quarantacinque anni di storia repubblicana per dotarsi di uno strumento di difesa contro l’invadenza delle mafie nella democrazia locale.Attraverso la capillare ricostruzione di tutti gli scioglimenti anticipati dei comuni dal 1946 in poi, lo studio documenta le priorità politiche che hanno condizionato il controllo ministeriale sui governi locali e l’incapacità della democrazia italiana di reprimere la gestione diretta dei municipi da parte delle mafie.L’ipotesi del libro è chiara: non infiltrazione, condizionamento, ma un modo diverso di declinare la democrazia, quello di raggiungere il potere con il voto democratico, in un modo tranquillo, pacificato, contando paradossalmente proprio sulla visibilità, sulla propria storia, sulla conoscenza della storia locale, sulla capacità del consenso.Negando che il problema sta dentro il funzionamento della democrazia, nella raccolta del consenso, non si è riusciti a trovare le vere contromisure alla gestione mafiosa dei comuni se non i reiterati scioglimenti.Oggi che sul tema dei limiti e dei problemi della democrazia si è finalmente aperto un largo dibattito che non ignora l’illusorietà di pensare che “elezioni regolari implichino di per sé una democrazia regolare”, il libro ci invita a ragionare in maniera meno ortodossa su un fenomeno sul quale siamo ben lontani da una soluzione.