Luigi Alamanni, poeta, umanista, fine erudito e letterato, diplomatico e iniziato pitagorico, è stato uno dei personaggi più interessanti, e al contempo meno noti e celebrati, del Rinascimento. Allievo del filosofo platonico Francesco Cattani da Diacceto e membro dell'Accademia Platonica Fiorentina nella sua stagione degli Orti Oricellari, ebbe una vita avventurosa e tumultuosa, in buona parte trascorsa lontano dalla sua Firenze, impegnato e coinvolto in congiure e in tentativi di rovesciamento del potere mediceo. La sua produzione letteraria è piuttosto vasta e comprende generi diversi (tragedie, commedie, novelle, poemetti, poemi epici, ecloghe, orazioni, satire, elegie), anche se nella quasi totalità delle sue opere è ravvisabile un comune denominatore nel palese gusto classico che le anima, gusto che spesso è orientato più ai modelli greci che ai modelli latini e che presuppone necessariamente l'impronta del clima culturale platonico-pitagorico degli Orti Oricellari. La Favola di Narciso, che apparve nel primo volume delle Opere Toscane, pubblicato a Lione nel 1532, può essere considerata non solo un semplice poemetto mitologico, ma anche e soprattutto un poemetto allegorico-iniziatico. Un'opera da leggere con attenzione, da recepire e da interpretare non con i soli limitati parametri profani della critica letteraria, ma con le corde dell'anima e di quell'intuizione parmenidea che gli spiriti più elevati custodiscono nel profondo del proprio intelletto e del proprio cuore.
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