Che cos’è la felicità? Il bagliore di un lampo che se ne va o lo splendore di una vita? La felicità capita o si può conquistare? Corrisponde a uno stato di beatitudine e frivolezza o anche di profondità e serietà? Sono molte le vie con cui si può parlare della felicità; l’autrice prova a rispondere a questi interrogativi con Aristotele, che nelle Etiche ha mostrato i molti aspetti della vita felice: è il fine ultimo (télos) ma non la fine, è piacere ma anche condotta e virtù (areté), attività e pienezza (enérgheia) ma anche opera (érgon) con la quale si edifica giorno dopo giorno il capolavoro che noi siamo.
In quest’ottica la felicità non è una conquista per sempre, ma il compito forse più lungo e difficile con cui realizziamo la nostra vita, e richiede fatica, impegno, consapevolezza; un cammino non di perfezione, ma di imperfezioni e anche di dolore, che però non perde di vista il bene e ci consente di diventare, per dirla con Platone, sempre «più alati e leggeri», sempre più in grado di volare.
In quest’ottica la felicità non è una conquista per sempre, ma il compito forse più lungo e difficile con cui realizziamo la nostra vita, e richiede fatica, impegno, consapevolezza; un cammino non di perfezione, ma di imperfezioni e anche di dolore, che però non perde di vista il bene e ci consente di diventare, per dirla con Platone, sempre «più alati e leggeri», sempre più in grado di volare.