Il volume analizza le determinanti della formazione del capitale umano e del capitale sociale in Italia durante l’età liberale (1861–1913). Le più recenti interpretazioni dello sviluppo economico italiano considerano infatti questi due aspetti fondamentali nel determinare la traiettoria di sviluppo del paese e delle sue regioni, ma vi è ancora molto dibattito sui fattori che ne influenzano l’evoluzione: i risultati che si presentano mostrano che le politiche dei governi liberali non furono sufficienti a combattere la persistenza dell’analfabetismo, soprattutto al Sud, a causa della povertà diffusa nella penisola e del disinteresse delle istituzioni locali. Solo con la centralizzazione della gestione e del finanziamento della scuola elementare, a partire dal 1911, con la Legge Daneo-Credaro, il sistema scolastico italiano fece un deciso passo in avanti, innescando una forte convergenza regionale e una diffusione dell’istruzione più rapida rispetto al tardo Ottocento. Anche per quel che riguarda il capitale sociale, si rileva un problema connesso alle politiche postunitarie: la disuguaglianza nella proprietà della terra sembra essere il fattore che più ha ostacolato la formazione del capitale sociale – soprattutto al Sud, per cui l’assenza di una riforma agraria ha pesato sulla capacità di crescita di alcune regioni nel XX secolo. L’assenza di un più incisivo intervento pubblico su questi aspetti rappresenta quindi un’eredità pesante che, avendo ridotto i tassi di accumulazione di capitale umano e di formazione del capitale sociale lungo periodo, limita oggi la capacità di crescita dell’economia italiana.