L’incontro a Milano di Ida Dalser e Benito Mussolini, due personalità magnetiche, alterate dall’esasperazione, avviene agli inizi del secolo violento che insanguinerà il mondo. Prende avvio una sfida che non lascerà prigionieri. Ida e Benitino, il figlioletto avuto da Mussolini, vengono scaraventati in giro per l’Italia inseguiti dalle ingiunzioni dei prefetti. Non importa che abbiano delle buone ragioni: chi è scomodo deve sparire, recita la logica spietata e violenta della dittatura. Ida viene racchiusa con l’arbitrio nel circuito manicomiale tra Pergine Valsugana e Venezia. Al figlio viene addirittura cambiato il nome e spedito con la flotta in giro per il mondo. Ida si ribella alla privazione della libertà che patisce perché un solo uomo, il Duce, non la vuole libera. Muore nel manicomio di Venezia e con il suo corpo spariscono anche le carte e i documenti del ricovero. Il figlio, dopo qualche tempo, viene spento nel manicomio milanese di Limbiate. Depositata sui fatti la polvere dei settant’anni, è caduto il vincolo sui materiali d’archivio rendendoli accessibili e compiutamente comprensibili. Per la prima volta è stato possibile un accostamento clinico e psicologico ai documenti, analizzando dall’interno l’inferno manicomiale inventato dagli uomini.