Ho girovagato in lungo e in largo per il Sud America, Centro America e Caraibi cercando una spiaggia dove costruire il mio rifugio; sono andato dall’altra parte del globo, in Tailandia, Bali, Vietnam, Cina, Hong Kong, Dubai, Qatar. In nessun posto ho ritrovato gli odori e i colori dei luoghi dove sono nato e sperare di trovarli altrove è un’assurda tortura psicologica.
Ho frantumato tutti i parametri del cosiddetto senso comune e delle regole del vivere civile, ne ho superato i limiti, la vergogna, le assurdità, i compromessi, le circostanze, le falsità. Ho vissuto da re e da mendicante, ho mangiato al Central di Lima, in Perù, e per la strada seduto su un marciapiede di Cali, di Bangkok, di Shangai, di Bogotà. Ho superato quel limite che non mi fa aver più paura della fine.
Sono morto e rinato più e più volte fra le mura di una squallida cella, negli occhi di mio figlio appena nato, nei giudizi e nelle colpe, nei rimpianti, nei rimorsi e nelle notti insonni.
Nonostante tutto amo, amo con tutto me stesso questa folle vita, questo doloroso, tormentato e a volte dolce esistere.
Ho frantumato tutti i parametri del cosiddetto senso comune e delle regole del vivere civile, ne ho superato i limiti, la vergogna, le assurdità, i compromessi, le circostanze, le falsità. Ho vissuto da re e da mendicante, ho mangiato al Central di Lima, in Perù, e per la strada seduto su un marciapiede di Cali, di Bangkok, di Shangai, di Bogotà. Ho superato quel limite che non mi fa aver più paura della fine.
Sono morto e rinato più e più volte fra le mura di una squallida cella, negli occhi di mio figlio appena nato, nei giudizi e nelle colpe, nei rimpianti, nei rimorsi e nelle notti insonni.
Nonostante tutto amo, amo con tutto me stesso questa folle vita, questo doloroso, tormentato e a volte dolce esistere.