La nazione nella prospettiva del gesuita padre Taparelli d’Azeglio si forma alla luce della storia e del senso comune. Essa, pertanto, non può non contrapporsi alla concezione romantica e ri¬sor¬gi¬men¬tale di nazione come bene comune supremo, cui anche la fede e spesso anche la ragione devono inchinarsi. Uscito nella primavera del 1848, durante i giorni della insurrezione di Milano contro il governo imperiale, il saggio suscita subito reazioni polemiche da parte dei liberali e dei mazziniani. Il saggio introduttivo di Giuseppe Bonvegna colloca il lavoro taparelliano all’interno del dibattito fra culture politiche del suo tempo — e anche di quello odierno —, situandolo altresì storicamente nel complesso frangente risorgimentale in cui vede la luce.