La guerra del Peloponneso imperversa e la Grecia è provata dal protrarsi di questo conflitto infinito. Trigeo, vignaiolo dell'Attica, esausto per le tribolazioni patite, si risolve a tentare di incontrare le divinità olimpiche per chiedere loro la liberazione della Pace, ossia la dea Eirene, che permetta la cessazione delle ostilità tra Atene e Sparta. Vola così verso il cielo a cavallo di uno scarabeo stercorario. Ma al suo arrivo scopre che gli dei hanno abbandonato i cieli di Grecia, disgustati dalla cattiveria umana. Due sanguinari giganti hanno sequestrato la Pace in un antro e si accingono a maciullare le poleis greche in un mortaio: manca però un pestello, ovvero un uomo politico che incendi gli animi dei greci e li convinca a sterminarsi l'un l'altro. Con l'aiuto dei concittadini Trigeo cercherà di sventare il piano.
Aristofane mette in scena il dramma della guerra e l'unico antidoto possibile alla violenza: il riso. L'opera nacque in un clima di speranza e ottimismo per il futuro: quello stesso anno era stata firmata la pace di Nicia, una tregua cinquantennale, che nel giro di pochi anni si sarebbe rivelata tuttavia illusoria.
Aristofane mette in scena il dramma della guerra e l'unico antidoto possibile alla violenza: il riso. L'opera nacque in un clima di speranza e ottimismo per il futuro: quello stesso anno era stata firmata la pace di Nicia, una tregua cinquantennale, che nel giro di pochi anni si sarebbe rivelata tuttavia illusoria.