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Come il linguaggio letterario e quello matematico possono servire alla costruzione della teoria della psicanalisi? Questo saggio evidenzia come la parola, e in particolare quella letteraria, splendidamente falsa, costringe lo scrittore (ma non vale forse anche per chi scrive di scienza?) a quella dotta ignoranza che lo sovrasta, imponendogli il non sapere: di ignorare dove lo conduce quell’oggetto verbale, menandolo in labirintiche concatenazioni di nomi e di suoni, di giochi di immagini che si incastrano rivelandosi nelle figure retoriche; ecco, questo scrittore, condotto per mano solo dalla…mehr

Produktbeschreibung
Come il linguaggio letterario e quello matematico possono servire alla costruzione della teoria della psicanalisi?
Questo saggio evidenzia come la parola, e in particolare quella letteraria, splendidamente falsa, costringe lo scrittore (ma non vale forse anche per chi scrive di scienza?) a quella dotta ignoranza che lo sovrasta, imponendogli il non sapere: di ignorare dove lo conduce quell’oggetto verbale, menandolo in labirintiche concatenazioni di nomi e di suoni, di giochi di immagini che si incastrano rivelandosi nelle figure retoriche; ecco, questo scrittore, condotto per mano solo dalla sua nescienza, e che lavora secondo obbedienza e non di fantasia, non sa che cosa sta scrivendo fino a quando, concluso lo sforzo, tutto personale e, chissà, forse anche insensato, consegnerà il testo a non si sa quale lettore; e anche a lui stesso come lettore, trovandosi nella condizione imbarazzante di non capire ancora bene che cosa ha scritto e perché, e magari scoprire solo nella lettura qualcosa che il testo gli rivelerà. Una scrittura in grado di affidare ad altri lettori cose che loro capiranno e che lui, lo scrittore, ancora continua a non comprendere. Scoprirà così, e solo così, di aver scritto un testo in cui il gioco del linguaggio gli evidenzierà che, alla fine, ne sa più di lui.
Che le parole di uno scritto, composte per somiglianze, assonanze e simmetrie, si prestino alla scelta decisiva dello scrittore per compiere un percorso sconosciuto a lui stesso, testimonia che la parola letteraria non nasconde e non soffre di alcuna Weltanschauung: questa è la sua forza incorruttibile. Possiamo assumere per vero che la letteratura sia artificio, produca artefatti, inventi mondi e universi ordinandoli secondo regole che sono le sue sole regole; ma non è forse altrettanto vero anche per la fisica, l’astrofisica, la chimica o la biologia, all’interno dei loro linguaggi? Quanto vale allora, l’opposizione fra letteratura e scienza che propongono il positivismo e il neopositivismo?
E se, per quanto riguarda la psicanalisi, Freud voleva affidare la sua invenzione alla Weltanschauung scientifica, lo psicanalista di oggi deve avere il coraggio di costruire una psicanalisi che non solo non si appoggia alla Weltanschauung della scienza ma si assume il compito repellente, inusuale e inderogabile di renderla estranea a ogni visione del mondo.