Per essere chiamate poesia le parole debbono essere incatenate insieme dal ritmo e dalla scansione ma al tempo stesso richiedono pause improvvise, troncature, sospensioni; le frasi poetiche, legate tra loro come i ritornelli delle canzoni, sono continuamente interrotte per l'esigenza di consentire a chi legge le soste necessarie per percepire - e gustare - le emozioni e le sensazioni che le pieghe dei versi contengono e custodiscono, che altrimenti resterebbero celate nella foga della lettura. Le parole di Simone Raffaelli sono piene di anfratti, di rifugi per la riflessione, di nascondigli ricchi di tesori poetici: ne è un esempio la reiterazione di una stessa parola o di una frase, usata con dolce scaltrezza per comunicare un'immagine e al tempo stesso imprimerla e consolidarne la robusta presenza nella narrazione lirica (in cima al vecchio molo, proprio in cima). Stupisce e ammalia, in questi versi in cui non è raro scorgere qualche accenno di rima ben intessuta nel contesto o qualche allitterazione, la presenza omnipervasiva, fin al titolo, dei temi della natura: il trascorrere del tempo è cadenzato dalle stagioni, vive nel tripudio dei colori autunnali la sua esistenza più vistosa ma poi sonnecchia il torpore dell'esistere che pare quasi preludere con serena fatalità all'ineluttabile scadenza (il tempo della neve e della perplessità). dalla prefazione della dott.ssa Marcella Malfatti
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