La ragione freudiana - pubblicata la prima volta nel 2015, e che ora riappare in una nuova edizione - raccoglie in tre volumi gli scritti in cui Perrella, nell'ultimo decennio del secolo scorso, aveva riassunto il proprio ripensamento delle posizioni teoriche di Freud e di Lacan, nella prospettiva della situazione attuale della psicanalisi, soprattutto in Italia. Il tempo etico parte dal fatto che l'esperienza della psicanalisi, insistendo sulla divisione del soggetto, ha modificato radicalmente la teoria classica, anche kantiana, della soggettività. Eppure proprio Kant stava alla base della scienza tedesca dell'Ottocento, ai cui ideali, in definitiva, si è sempre riferito lo stesso Freud, anche se li ha assunti sotto l'angolatura suggeritagli dagli scritti di Goethe sulla natura. Questo libro s'interroga sull'ipotesi che la psicanalisi - che non rientra nel concetto moderno (popperiano) di scientificità - possa essere invece il punto di partenza per la costruzione di una "scienza nuova", che - a differenza di quanto ha sempre fatto la scienza post-galileiana - includa fra le sue prospettive anche l'etica. L'etica, in effetti, non ha nulla a che fare con la morale - che valuta i comportamenti in base a dei principi già dati -, perché invece consiste in un'interrogazione non valutativa sulla natura dell'atto. La psicanalisi, quindi, non ha nulla a che vedere con nessuna psicoterapia sanitaria, perché, pur occupandosi di quelle inibizioni della capacità d'agire che sono le patologie, non le considera pensando a nessuna restitutio in pristinum, come fa la medicina, ma le considera come limitazioni della libertà di ciascun singolo parlante di vivere coerentemente con le proprie scelte.
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