Coloro che praticano le tecniche divinatorie lo sanno: esse non sono mezzi primitivi utilizzati dall’uomo per dialogare col proprio inconscio, ma vere e proprie forme di cultura, indissolubilmente intrecciate alla storia, alla filosofia e alla religione dei popoli presso le quali sono diffuse. Diventare esperti di una divinazione richiede tempo, dedizione, fede. Il cosiddetto indovino, che non indovina proprio niente, ma deduce e traduce il linguaggio della Psiche, è prima di tutto un iniziato, una persona che ha percorso un profondo cammino introspettivo prima di potersi connettere coi Signori del Fato. Egli deve aver fatto proprio l’immenso sapere degli antichi, per poterlo mettere a servizio dei suoi contemporanei. Ecco perché tali tecniche vengono definite Arti: non basta saperle praticare e conoscerne la tecnica, occorre prima di tutto consacrarvici. E come accade per tutte le forme d’arte, bisogna salvaguardarle, studiarle, conservarle e divulgarne la pratica affinché non cadano in declino. La divinazione geomantica è forse la più antica arte divinatoria esistente. Non offre solo responsi efficaci se praticata con avvedutezza, ma ci testimonia il sapere di popoli antichi, ci parla delle loro spiritualità, poesie, storie, leggende. In poche parole, la geomanzia ci mette in contatto con gli strati più profondi della nostra anima, ove risiedono gli archetipi che popolano, dalla notte dei tempi, l’inconscio collettivo della nostra specie.