Sara, vittima di un sequestro, è riluttante a coinvolgere nelle indagini uno dei suoi rapitori; l'unico ad averle riservato un trattamento umano. Il suo atteggiamento fa nascere il sospetto che sia vittima della Sindrome di Stoccolma, un particolare stato di dipendenza psicologica nei confronti dei propri carnefici. In questi casi, nonostante i possibili maltrattamenti, le vittime provano nei loro confronti un sentimento positivo e solidale. Ad avvalorare il sospetto che Sara sia vittima della Sindrome di Stoccolma, contribuisce il fatto che sembra aver cambiato personalità rispetto a ciò che era prima della traumatica esperienza. Sembra che il timore di una conclusione tragica della propria vita, abbia spinto Sara a riflettere. Una serie di indagini private volte a identificare i carcerieri prima che vi giungano i carabinieri, si propone di applicare una giustizia mirata e 'fai da te'. Sara scopre però che non è per nulla facile controllare le proprie emozioni dinanzi ai suoi carcerieri, presunti o reali che siano, e indipendentemente dal comportamento che essi avevano adottato nei suoi riguardi. Infatti, l'identificazione stessa del carceriere che si era dimostrato benigno con lei, sarà carico di emozioni di ogni genere e Sara resterà a lungo in bilico tra le varie possibili azioni da intraprendere nei suoi confronti. Un momentaneo stato di amnesia della protagonista, conseguenza di un trauma subito durante la prigionia, lascia spazio alla descrizione della concezione agostiniana della memoria.