Le guerre Persiane si posero fin da subito, già nella coscienza dei contemporanei, come un evento che travalicava i limiti della storia, per assurgere immediatamente a paradigma dell’epopea di un popolo.Giorgio Albonico, appassionato cultore dell’antichità classica, si è lasciato contagiare dal fascino di questa epopea e, in particolare, in quest’ultimo romanzo ha concentrato il suo sguardo sulla seconda guerra persiana, forse perché proprio nell’atteggiamento di Serse e nella sua parabola discendente si palesa con tutta evidenza uno dei propositi delle storie erodotee, tra le fonti principali di tali accadimenti, ovvero l’intento di mostrare che “l’arroganza umana si tramuta in polvere e gli dei puniscono chi si macchia di questa presunzione”.E Albonico gioca, per così dire, un doppio ruolo: da un lato è lo scrittore che sa dosare sapientemente il ritmo dell’interloquire erodoteo, dall’altro è lui stesso lettore, che si lascia sedurre da quel gusto per la narrazione tipicamente orientale, con la curiosità e lo stupore, a volte addirittura il compiacimento per il particolare raro, esotico, persino strampalato, che viene comunque riportato, pur con una sorta di sospensione del giudizio.