La breve opera, composta a Tagaste fra il 389 e il 390 e dedicata all’amico e protettore Romaniano, è, pur nella sua brevità, una sintesi esauriente dei temi principali di Agostino filosofo.Il tema della verità come luce interiore, quello del bello come cammino verso il Logos e quello del male come non-essere, sono il più sincero tributo al suo mai dimenticato platonismo.Retore di squisito sentire, Agostino abbonda nell’uso, a lui così caro, di figure retoriche atte a vivificare la lettura di un’opera che egli stesso voleva fosse massimamente divulgata. Proprio nelle prime pagine viene offerto un vivace discorso fra un Platone redivivo e i discepoli. È un Platone agostiniano, cristiano, che nei monaci e negli uomini di Chiesa vede i suoi veri discepoli così come in seguito l’Aristotele di Galileo vedrà in lui e nella nuova scienza i suoi veri continuatori.Dalle Confessioni alla Città di Dio, ovunque la retorica affiora come chiarificazione e soluzione dei problemi più oscuri e complessi sia della “persona” sia del cosmo. Il problema della vera religione si snoda attraverso una disamina attenta e coltissima delle religioni pagane e del senso del mistico dei grandi filosofi greci, che ai veri discepoli parlavano in modo ben diverso da come si rivolgevano al volgo.La critica della filosofia pagana, quando è platonica, non è mai esente da ammirazione fino a parlare di cristiani ante litteram “mutate alcune parole e poche frasi”. Se invece le accuse sono rivolte a quanti volutamente rifiutano la vera Parola e aderiscono alle false promesse di eretici e manichei, allora la critica è più pesante, la polemica diventa violenta, il tono si accende e alla commiserazione e comprensione subentrano spesso l’ira e la condanna.Non esente neppure da artifici retorici quali il giocare sulle parole e sul loro significato, pur di far rilucere la Verità. L’anima che piega al mondo sensibile è insieme malvagia e “nulla” perché, ricordando in parte la dimostrazione neoplatonica, là dove non c’è più la Luce (= Dio = Bene = Essere) c’è la tenebra, il male, il non-essere. Rapida e incisiva la descrizione dell’Angelo malvagio e del perché sia tale. Figura ricca e “pittoresca” che tanto doveva piacere al gusto per il concreto, proprio del medioevo.Poche parole poi, ma chiare, per uno dei problemi ancor oggi più dibattuti e controversi del mondo cristiano: libertà e peccato d’origine (Discorso della Montagna). Nel procedere della lettura, l’opera si fa sempre più chiara e netta nel delineare quale e come “non” sia il Dio vero. Il ruolo qui della teologia negativa giunge alle massime vette: più si illumina la vera Luce, quanto più si oscurano le tenebre dei falsi dei, dei demoni, dei valori anche i più alti. Lettura illuminante per chi crede, fonte di meditazione e di risveglio per chi ama più la propria anima che la Luce di essa.