Il Maestro è il personaggio di questa storia che mai durante tutta la narrazione viene chiamato Gesù. Egli è un profeta immaginario frutto della mia fantasia e non ha nulla a che vedere con il vero ed unico Gesù sebbene la sua storia o meglio la sua disavventura si rifà a quella tracciata dal Vangelo. L’idea di immaginare nascere nei nostri giorni un nuovo profeta simile al Gesù del Vangelo - ma ripeto non è Lui - è stata tuttavia così potente e travolgente da non poter resistere alla tentazione di trarne un racconto. La velocità supersonica con la quale ho scritto “La storia del Gesù che visse a Palermo” e il suo carattere prevalentemente comico diverso dal mio prevalentemente improntato alla serietà mi fanno pensare che qualche entità soprannaturale me lo abbia dettato. Credo, anzi ne sono certo, che non fosse un diavoletto, ma un angioletto mandato magari dal suo superiore inevitabilmente autoironico come lo sono le persone intelligenti. Il maestro nasce a Palermo e si imbarca in una mission impossible: cercare di comunicare con i Palermitani. Gli verrà impedito di parlare, di annunciare la buona novella e se riuscirà a parlare verrà travisato. Tutti cercheranno di derimerlo dalla pericolosa convinzione di essere il figlio di Dio, cercheranno di svegliarlo dal sogno, si metterà in moto la macchina stritola sognatori. Lo faranno per il suo bene, per evitargli la pazzia. La storia non sarebbe cambiata se anziché a Palermo, il Maestro fosse nato a Napoli o Milano, a Roma o Parigi. La missione del Maestro avrebbe trovato ostacoli insormontabili in qualsiasi luogo del mondo tranne uno. Per questo motivo gli viene consigliato di rinascere nell’unico luogo dove potrà trovare le sue soddisfazioni: la Palestina naturalmente.