Dall’antro delle mie romantiche nostalgie, rinvengo un passato torbido nel quale, tumefatto in ansie terrificanti, vissi adombrato nella licantropia di me stesso... Dopo le notti marmoreamente, atrocemente cupe e colme di ferina cupidigia de La prigionia della tua levità, si protrae la continuazione ideale stessa dell’incubo sognante narratovi qui e altrove. Incarnatosi nella materializzazione di un’altra evanescente, fugace visione impalpabile della misterica beltà d’una letale, mortale o solamente eterna ed eterea, eburnea, superba perfezione simboleggiata da una vertiginosa, concupiscente ed esoterica femme fatale demoniaca e lussuriosa. Lei, l’enigmatica, irresistibile donna d’ogni più inconscia, virile e meandrica fantasia che, riapparsa nel violento e feroce attimo di un’infinitesimale potenza ipnotica, stregherà un investigatore privato sino a condurlo nel baratro d’ogni sua insospettata, macabra e funerea perdizione. Un viaggio spettrale e introspettivo alle origini cimiteriali della nostra umanità primordialmente defunta. Da tempo immemorabile, giammai nata o forse solamente in gloria risorta in tutta la sua magniloquente magnificenza rinascente come la suprema bellezza d’ogni notte nostra più fatuamente angelica e dunque torbida, peccaminosamente macchiata dall’indelebile ombra del diavolo più mellifluo e torvo. L’infernale notte più ambigua e fulgida, dominata da un’invisibile, intoccabile regina abbacinante con la tonante forza del suo stellato firmamento chiaroscurale e poi improvvisamente lucente.