Intitolare strade e piazze alle vittime di femminicidio è un modo per aprire un dibattito pubblico su una strage privata che in Italia purtroppo continua indisturbata. Per questo sono sempre più numerose le città dove parchi, giardini, vialetti, piazze vengono dedicati alle donne barbaramente strappate alla vita da chi diceva di amarle. Si tratta di iniziative che rappresentano un passo verso una coscienza comune per fermare una strage atavica, frutto di una cultura patriarcale, maschilista e misogina. Una cultura che in Italia emerge anche dalla toponomastica dedicata nella sua quasi totalità a nomi maschili. Oggi, più che mai, è necessario ricordare le donne che muoiono tutti i giorni per mano degli uomini, dei loro uomini, mariti, compagni, fidanzati, conviventi, che ritenendo di esserne proprietari e despoti, le hanno barbaramente assassinate. Uomini vigliacchi che stanno bene attenti a non farsi scoprire affinché si taccia sul fenomeno, ecco: intitolare piazze e vie alle vittime è un modo per rompere questo silenzio assordante. La storia raccontata da Paolo Celin si inserisce in questa volontà di non dimenticare le donne vittime di violenza. Due giovani amanti appartati in una stradina che porta a Lendinara, in provincia di Rovigo, sono testimoni dell'apparizione del fantasma di una fanciulla, vissuta ai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia, che fu vittima di soprusi e di violenza sessuale. Maria, così la chiameremo, amò riamata il giovane rampollo di una nobile famiglia e per questo pagò il prezzo estremo. Da allora ella appare nel luogo in cui fu straziata senza pietà e che viene ricordato come la via della femmina morta.
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