La villetta dalle belle e armoniose forme, nella reminescenza classica di Ottavio Bertotti-Scamozzi, che si estende per quindici metri di lato sulle rive dell’Astichello a Cavazzale nel Comune di Monticello Conte Otto, diede a Giacomo Zanella quella quiete che egli ricercava dopo gli affanni familiari. La critica spesso scomposta dei detrattori della sua poesia e anche una certa avversione di ambienti religiosi che non apprezzavano il suo impegno per l’Italia unita, soprattutto con Roma capitale lo avevano fatto cadere in una sorta di maliconia. Fu il momento del datur hora quieti per se stesso, come fece apporre in lettere di bronzo dorato sul frontone della villa stessa, ma non fu un’isola. Anzi il motto della vita che il poeta conduceva, quando vi risiedeva, può essere anche questo: entrate e lasciate un poco di felicità che recate con voi in questo “cheto casalingo paradiso”, come ebbe a scrivere all’amico Fedele Lampertico, parlando della sua nuova casa, che aveva seguito in ogni fase della costruzione, tanta era l’attesa. Era “La bianca villa, dove almen quïeta/Solo alle voci di natura intento/Sperava un’ora il solingo poeta; ...”. Nel frangente non dimenticò gli studi, tra cui il Della letteratura sarda dal 1750 ai giorni nostri, Memoria per l’Istituito Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, Antonelli, 1879.