Questo saggio narrativo che sembrerebbe parlare di "aldilà" (è un giallo per finta, non muore "davvero" nessuno), in realtà è una satira del vivere e morire "aldiquà", in forma di ridanciana rapsodia della nostra vita, delle sue presunte certezze, delle sue magnifiche stupidità, delle sue sgangherate illusioni, ignoranze, proiezioni, giustificazioni, perversioni etiche e ostentazioni di fitness (della serie "vediamo chi ce l'ha più duro almeno in testa"). Sembra quasi rivolto alle donne in particolare, che di vita se ne intendono, come per una nostra tardiva esibizione di attributi maschili metaforici; non più temibili o sbeffeggiabili come quelli fisici, ma adottati come chiave di lettura per far loro capire la profonda natura "etero" dei nostri poveri cromosomi XY, compromessi dall'evoluzione, da eccessi di testosterone, da recente frustrazione e manie da Pigmalione. La base stoica ed esistenziale del "perché" di questo testo è l'assoluta esigenza di accontentarsi e non arrovellarsi, per vivere bene e non impazzire. (dalla prefazione di Enzo Maolucci)
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