Il processo di riscatto, per l’acquisizione della capacità di far valere i propri diritti, avvenne anche per il tramite della scuola.
L’alfabetizzazione delle fanciulle, che sino all’Unità d’Italia, con l’eccezione della Lombardia austriaca e del Piemonte sabaudo, era,
soprattutto in Meridione, limitatissima, ricevette un forte impulso. M. Macchi, Dell’insegnamento professionale della donna, in «Rivista contemporanea», 1868, vol. III, febbraio, p. 188. grazie all’imposizione dell’obbligo scolastico. L’unificazione e la
conseguente applicazione, sia pure in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale, della legge Casati del 13 novembre 1859
modificarono, infatti, il quadro dell’istruzione femminile, non più esclusivamente circoscritta ai circuiti informali (dai libri di devozione
alla trattatistica educativa ed edificante per le madri e le mogli, dai salotti alle predicazioni di parroci e di religiosi in cura
d’anime) o alle istituzioni educative religiose (prevalenti fino a quel periodo, ma destinate a godere ancora per lungo tempo di un’ottima
fortuna) e ai precettori. In virtù della creazione di un sistema scolastico accentrato e dell’istituzione dell’obbligo dell’istruzione
per i fanciulli di entrambi i sessi per il grado inferiore delle elementari – obbligo in vigore sino ad allora solo nel Lombardo-Veneto e
sancito poi con maggior forza dalla legge Coppino del 1877 – le donne italiane accedevano ai rudimenti del sapere.