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Nel 1868 Mauro Macchi, esponente politico democratico, aderente alla massoneria lombarda, scrivendo sulla «Rivista contemporanea», definiva l’educazione femminile «vera resurrezione universale». È noto che l’Ottocento fu il secolo nel quale si posero alcune significative premesse per il lento affermarsi dei diritti femminili, nonostante la continuità di progetti formativi improntati alla superiorità naturale maschile e la sostanziale convergenza culturale di cattolici e positivisti in merito alla posizione subordinata della donna. Se i modelli pedagogici restavano ancorati alla concezione…mehr

Produktbeschreibung
Nel 1868 Mauro Macchi, esponente politico democratico, aderente alla massoneria lombarda, scrivendo sulla «Rivista contemporanea», definiva l’educazione femminile «vera resurrezione universale». È noto che l’Ottocento fu il secolo nel quale si posero alcune significative premesse per il lento affermarsi dei diritti femminili, nonostante la continuità di progetti formativi improntati alla superiorità naturale maschile e la sostanziale convergenza culturale di cattolici e positivisti in merito alla posizione subordinata della donna. Se i modelli pedagogici restavano ancorati alla concezione della donna votata al sacrificio, dedita alla famiglia, modesta e consapevole della propria inferiorità, tuttavia emergevano anche figure di donne colte, intraprendenti, capaci di sostenere brillantemente i loro diritti. Accanto però ai nomi più celebri di scrittrici, giornaliste, sindacaliste, si ebbero tante donne che condussero piccole battaglie quotidiane, di sacrifico e costanza, per affermare una loro minima indipendenza e capacità lavorativa. Che nel corso dell’Ottocento di fatto le donne occupassero ruoli meno marginali nella società è stato già riscontrato dalla storiografia, basti pensare all’imponente fenomeno della femminilizzazione delle Congregazioni religiose, oppure al progressivo aumento della manodopera femminile nelle fabbriche.
Il processo di riscatto, per l’acquisizione della capacità di far valere i propri diritti, avvenne anche per il tramite della scuola.
L’alfabetizzazione delle fanciulle, che sino all’Unità d’Italia, con l’eccezione della Lombardia austriaca e del Piemonte sabaudo, era,
soprattutto in Meridione, limitatissima, ricevette un forte impulso. M. Macchi, Dell’insegnamento professionale della donna, in «Rivista contemporanea», 1868, vol. III, febbraio, p. 188. grazie all’imposizione dell’obbligo scolastico. L’unificazione e la
conseguente applicazione, sia pure in modo non uniforme su tutto il territorio nazionale, della legge Casati del 13 novembre 1859
modificarono, infatti, il quadro dell’istruzione femminile, non più esclusivamente circoscritta ai circuiti informali (dai libri di devozione
alla trattatistica educativa ed edificante per le madri e le mogli, dai salotti alle predicazioni di parroci e di religiosi in cura
d’anime) o alle istituzioni educative religiose (prevalenti fino a quel periodo, ma destinate a godere ancora per lungo tempo di un’ottima
fortuna) e ai precettori. In virtù della creazione di un sistema scolastico accentrato e dell’istituzione dell’obbligo dell’istruzione
per i fanciulli di entrambi i sessi per il grado inferiore delle elementari – obbligo in vigore sino ad allora solo nel Lombardo-Veneto e
sancito poi con maggior forza dalla legge Coppino del 1877 – le donne italiane accedevano ai rudimenti del sapere.