Un'interessante elogio dell'amicizia, questo scritto di Cicerone che vide la luce nell'estate del 44 a.C. Attento studioso della realtà romana, ma profondo conoscitore della tradizione classica e in particolare ellenica, il celebre oratore qui esalta l'amicizia citando il concetto di 'filantropia', ma inserendolo nel contesto sociale dell'impero per trasformarlo in quello che si può considerare un moderno trattato sui 'legami d'interesse' tra persone che condividono gli stessi ideali: morali, materiali, politici. Dove Cicerone si dimostra innovatore è invece nella sua visione più allargata della cerchia amicale: nel tentativo cioè di espandere la base delle amicizie al di fuori della rete comune dell'individuo, sia essa indotta dalla famiglia o dal proprio grado sociale. Ecco quindi che viene fuori l'essenza di questo scritto ciceroniano: la ricerca, a volte disperata, di rapporti che possano considerarsi puri, sinceri, non corrotti e incorruttibili. Una ricerca che per lo stesso Cicerone, travolto nel turbine delle convenienze imposte dal suo ruolo nella vita pubblica romana, finì per rivelarsi utopica.